L’inserimento di individui disabili in un contesto sportivo è un fatto relativamente recente. L’idea è riconducibile al lavoro del dottor Ludwig Guttman, neurochirurgo e direttore del National Spinal Injuries Centre dello Stoke Mandeville Hospital di Aylesbury nei pressi di Londra.
Nel 1944, grazie all’opera del dottore alcuni giovani invalidi appartenenti alle forze armate britanniche si cimentarono in alcune discipline sportive adattate all’handicap.
Il dottor Guttman, in sostanza, studiò e realizzò dei programmi di allenamento, facendovi partecipare i pazienti del suo Ospedale. Grazie alla motivazione per lo sport, i soggetti coinvolti cominciarono a sviluppare la muscolatura delle braccia e delle spalle, raggiungendo rapidamente risultati migliori rispetto a quelli ottenuti grazie alla normale chinesiterapia. Nel giro di pochi anni, da terapia riabilitativa, lo sport dei disabili divenne attività ricreativa e successivamente agonistica. Furono organizzati nel 1948 a Londra i primi Giochi Internazionali di Stoke Mandeville, antesignani della future Paralimpiadi, la cui prima edizione si disputò a Roma nel 1960.
Lo scopo fondamentale del dottor Guttman era di riuscire, tramite gli stimoli dello sport, a sviluppare in modo ottimale le capacità residue del disabile e a recuperare un accettabile stato psicologico del neo-traumatizzato, al fine di raggiungere la massima autonomia possibile ed una dignitosa qualità di vita. Nel giro di qualche anno da questa geniale intuizione cominciò a diffondersi in tutto il mondo un nuovo modello riabilitativo che coniugava il recupero psicofisico e l’integrazione sociale, facendo scoprire nuovi orizzonti a migliaia di persone e alle loro famiglie, indirizzandole verso un ventaglio di attività motorie e sportive adattate.
Su questo solco tracciato dal dottor Guttman, inventore quindi della “sport terapia”, fu introdotto nel 1956 in Olanda, proposto da Tammo Van der Scheer e Anton Albers, il Sitting Volleyball, un nuovo sport che riuniva insieme le caratteristiche del Sitzball con quelle della pallavolo tradizionale.
Precedentemente c’erano stati diversi tentativi di praticare la pallavolo stando seduti su una carrozzina, ma la cosa non ebbe molto seguito, forse anche per la staticità del gioco. Nello stesso periodo in Inghilterra si era sviluppato lo Standing Volleyball, gioco praticato stando in piedi da atleti prevalentemente amputati. Le due discipline, sotto l’egida dell’ISOD (International Sport Organization of the Disabled) furono inserite come dimostrative, per i soli tornei maschili, nel programma paralimpico del 1976 a Toronto e come discipline ufficiali dal 1980 ad Arnhem in Olanda.
Fino ai Giochi di Sydney del 2000, i due sport hanno avuto uno sviluppo parallelo. Dal 2004 lo Standing Volley è stato escluso dalle Paralimpiadi per lasciare spazio al Sitting Volley femminile. Oggi il Sitting Volley è conosciuto in tutto il mondo e giocato oltre che in Europa, anche nelle due Americhe, in Africa, in Asia e Oceania, coordinato nei rispettivi continenti dalle organizzazioni preposte: ECVD (European Committee Volleyball for Disabled), PACVD (Pan-American Committee Volleyball for Disabled), ACVD (African Committee Volleyball for Disabled), AOCVD (Asia Oceania Committee Volleyball for Disabled); organizzazioni che rispondono alla WOVD (World Organisation Volleyball for Disabled) e all’I.P.C. (International Paralympic Committee).
Il sitting volley in Italia
Nel 2013 il Sitting Volley entra a far parte delle discipline sportive della FIPAV, la quale viene riconosciuta come Federazione Sportiva Paralimpica.
La Federazione Italiana Pallavolo, su delega del Comitato Italiano Paralimpico del 15 Maggio 2013, ha istituito il Settore Sitting Volley, la disciplina sportiva della Pallavolo per disabili, che fa capo alla World Paravolley (WPV) ed alla European Paravolley (EPV).
La struttura del Sitting Volley della FIPAV, è inserita nell’Area Squadre Nazionali, ha svolto un’intensa attività formativa sia all’interno delle Società affiliate, sia a livello divulgativo e promozionale.
Il Sitting Volley è uno sport nel quale i disabili e non disabili possono giocare insieme ad un livello tecnico molto alto e, come tale, rappresenta una buona opportunità per la cooperazione e integrazione.