Una giornata ricca di volti, storie e significati, in cui sport e cultura hanno viaggiato sullo stesso binario. Al Salone d’Onore del CONI di Roma è andata in scena la cerimonia di consegna dei riconoscimenti della 20ª edizione del Premio ASI Sport&Cultura, appuntamento ormai fisso nel calendario dello sport italiano, capace di raccontare il valore dello sport oltre il risultato.
L’edizione numero venti ha confermato la vocazione del premio: mettere al centro non solo le imprese agonistiche, ma anche i gesti, le idee e i progetti che lasciano un segno nel tessuto sociale. Sei le categorie previste – Atleta dell’Anno “Carlo Pedersoli”, Gesto Etico “Fabrizio Quattrocchi", Premio Media, ICSC Impiantistica Sportiva, Innovazione Tecnologica e la nuova sezione Italiani nel Mondo – con una giuria composta da esponenti di primo piano dello sport, del giornalismo e dell’imprenditoria, chiamata a scegliere tra tre finalisti per ciascuna sezione.
A rendere ancora più significativo l’evento, la presenza delle massime istituzioni sportive: dal Presidente del CONI Luciano Buonfiglio all’Amministratore delegato di Sport e Salute Diego Nepi Molineris, passando per il Presidente della Fondazione Milano Cortina Giovanni Malagò, quello dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale Beniamino Quintieri, insieme con l’AD Antonella Baldino, e il Presidente di ASI Claudio Barbaro. A premiare i vincitori, c’erano anche Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura e Sport alla Camera, Flavio Siniscalchi, Capo del Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio, Roberta Angelilli, Vicepresidente della Regione Lazio, e Stefano Laporta, Presidente di Ispra. Una platea autorevole che ha fatto da cornice a una celebrazione dove lo sport è tornato a essere racconto, responsabilità e visione.
Tra i sei riconoscimenti il premio “Atleta dell’Anno”, intitolato alla memoria di Carlo Pedersoli (Bud Spencer) è stato assegnato al movimento del volley campione del mondo, e a rappresentarlo c’era il DT della maschile Ferdinando De Giorgi: “Quando avevo 35 anni mi hanno dato il premio alla carriera, ma io giocavo ancora e non ci sono rimasto bene. Stavolta invece che faccio il direttore tecnico, mi viene dato il premio come atleta dell’anno e questo compensa l’altro premio. Sono felice di aver incontrato nuovamente Ranieri, un maestro che ispira tutti quelli che fanno il nostro lavoro. Quando sento le persone, anche vicine, che mi dicono ‘ma chi te lo fa fare’, per me diventa uno stimolo importante che mi sprona a migliorare. Nel 1998 ho vinto il terzo mondiale da giocatore, avevo 38 anni, ed ero andato in vacanza quando mancava un mese all’inizio dei Mondiali. Ero in spiaggia e mi arrivò una telefonata dal general manager della Nazionale, dicendomi se volevo entrare nel roster azzurro come riserva di Meoni. Poi lui si fece male dopo cinque partite ed è arrivato il mio momento. Fortunatamente è andata bene anche quella volta”.
