Quella domenica

Quella domenica, 31 marzo 1946, in Italia il sole sorgeva alle 5,56 e tramontava alle 18,34.
A New York Arturo Toscanini era in uno studio di registrazione della Nbc pronto a dirigere l’ouverture dell’Olandese Volante di Wagner e la Terza Sinfonia di Brahms; a Washington un Constellation Lockheed 049, quadrimotore, era pronto per il decollo: avrebbe volato, con soste a New York e Parigi, fino a Roma, con un carico postale. Era il primo volo della posta aerea dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In 1560 comuni d’Italia quel 31 marzo si sarebbe andati alle urne: era la quarta tornata elettorale dopo quelle del 10, 17 e 24 marzo, la prima elezione dopo la caduta del fascismo e il ritorno della democrazia, la prima volta del suffragio universale: anche le donne avevano ottenuto questo diritto. L’Italia era ancora un regno e probabilmente, oltre la nozione della civiltà, il voto alle donne era stata un’idea filo monarchica ritenendosi che il “sesso debole” fosse più propenso alle storie della famiglia reale.
Si giocava al calcio: il campionato era diviso in due, come l’Italia del resto, tanto che le elezioni amministrative erano state indette al nord dal Cln, Comitato di liberazione nazionale, i partigiani, e al sud dall’Amgot, Allied Military Government of Occupied Territories. Al nord la Juventus rifilò 6 gol alla Sampierdarenese (c’era anche l’Andrea Doria che battè il Venezia 2-0), e la Triestina, che era un lembo d’italianità nel Territorio di Trieste, pareggiò 1-1 con il Toro; nel girone centromerdionale mentre era turno di riposo per Roma, Lazio e Salernitana, la Fiorentina segnava 5 gol al Siena che restava a secco e il Napoli batteva il Palermo 2-0.
Juve e Fiorentina erano due tsunami di gol. Uno tsunami vero, uno “spaventoso maremoto” raccontavano le cronache, smuoveva il Pacifico dall’Alaska al Cile, particolarmente feroce sulle isole Aleutine; i giornali, che con la radio erano l’unica via di comunicazione dell’epoca almeno in Italia, e del resto Steve Jobs non era ancora nato, figurarsi Mark Zuckerberg, pubblicizzavano il kamiel, il miele vegetale che poteva sostituire lo zucchero, come la cicoria il caffè, era tempo di surrogati.
Il corozo veniva lavorato in una fabbrica di San Paolo d’Argon, nel bergamasco, della quale era titolare Arnaldo Eynard, che era anche un  grande appassionato e competente di pallavolo. Le sue operaie avevano formato una squadra, maglia bordeaux e bianca, gonna pantalone chiara: ne faceva parte anche Gloria Guerini, “mamma gol”, giacché poi sposò il signor Savoldi, e due loro figli furono entrambi bomber.
Arnaldo Eynard era fra le 28 persone che quel 31 marzo 1946 si incontrarono a Bologna: Pietro Bernardi, Carlo Cassanelli, Mario Dondi, Luigi Lena, Costante Magli e Luigi Minuti di Bologna; Leone Cenni di Como; Rolando Cirri, Vando Conti, Berta Faggi, Vera Giagnoni, Bruno Mannini, Agostino Marchiani, Silvano Mari ed Enzo Paneraj di Firenze; Pierluigi Cotta e Giovanni Gaietto di Torino; Mario Dorigo di Trieste; Arnaldo Eynard di Bergamo; Angelo Facchini di Brescia; Luigi Foccaccia di Ravenna; Edmondo Galiani di Roma; Enrico Giavoni di Verona; Vando Malagoli di Modena; Pino Piacco di Vercelli; Mario Testoni di Reggio Emilia; Tullio Pavolini e Giulio Ulivieri di Genova i loro nomi, 26 uomini e due donne.
Firmarono la nascita della Federazione Italiana Pallovolo, la Fipav di oggi.
Allora aveva 67 società, 310 tesserati, 38 arbitri e nessun allenatore. I numeri attuali sono di 4.542 società, 367.591 tesserati, 5.876 arbitri e 20.191 allenatori. La palla ha preso il volo.